Professioni mediche: dipendente o partita IVA?

Professioni mediche: dipendente o partita IVA?

Pro, contro e opportunità per chi lavora nella sanità

In Italia, il mondo delle professioni sanitarie sta cambiando in modo profondo. Sempre più medici, infermieri, fisioterapisti e operatori socio-sanitari scelgono di lavorare come liberi professionisti con partita IVA, affiancando o sostituendo il tradizionale lavoro da dipendente.

Le ragioni sono molteplici: la carenza di personale, la necessità di flessibilità, ma anche la ricerca di una maggiore autonomia e di un guadagno più proporzionato alle competenze.
Oggi, chi lavora nella sanità può trovarsi davanti a due strade – il lavoro dipendente o la libera professione – che non sono alternative opposte, ma due modelli con logiche e prospettive diverse.

Lavorare come dipendente nella sanità

Il pubblico: stabilità e tutele, ma meno libertà

Entrare nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) significa entrare in una struttura organizzata, regolata e tutelante. Il lavoro dipendente nel pubblico garantisce stabilità economica, un contratto collettivo nazionale (CCNL) con ferie, malattia, maternità e infortuni retribuiti, e percorsi di carriera definiti.

Per i medici ci sono progressioni da dirigente a primario; per infermieri e OSS, incarichi di funzione e specializzazione. Le formazioni ECM sono spesso offerte o rimborsate dall’ente, e la sicurezza del posto è tra i principali motivi di attrazione.

Tuttavia, il prezzo di tanta stabilità è una maggiore rigidità. I turni sono intensi, la burocrazia pesante, e le retribuzioni crescono lentamente.
Nel 2025, un medico ospedaliero guadagna tra 60.000 e 85.000 euro lordi annui, mentre un primario può superare i 110.000 euro. Gli specializzandi restano intorno ai 25.000 euro.

Un vantaggio rilevante per i dirigenti medici è la possibilità di svolgere attività libero-professionale intramoenia (ALPI), cioè visite e prestazioni a pagamento all’interno della struttura pubblica, fuori orario di lavoro. Per chi ha un rapporto esclusivo con l’ospedale, questa è l’unica forma di attività privata consentita.

Il privato: dinamismo e negoziazione

Nel settore privato, che comprende cliniche, poliambulatori e strutture riabilitative, l’ambiente è più agile e meritocratico.
Le retribuzioni possono variare molto: alcune realtà pagano meno del pubblico, altre offrono bonus di produttività o stipendi più alti a chi porta risultati.

Il privato attrae chi cerca flessibilità e possibilità di carriera rapida. Il rovescio della medaglia è una minor stabilità contrattuale e tutele che dipendono dal contratto applicato.
Spesso le strutture preferiscono collaboratori autonomi con partita IVA, riducendo i costi fissi e garantendo ai professionisti margini di libertà maggiori, ma meno protezione.

Lavorare con partita IVA nella sanità

Negli ultimi anni, la libera professione è diventata una scelta consapevole per molti operatori sanitari.
Secondo la FNOPI, oltre il 10% degli infermieri lavora già con partita IVA, e la percentuale cresce anche tra i medici, spesso giovani o in attesa di concorsi.

Vantaggi della libera professione

Lavorare in proprio significa autonomia piena: si scelgono orari, pazienti, strutture e ambiti d’intervento.
È possibile collaborare con ospedali pubblici, cliniche private, centri di riabilitazione o aprire uno studio personale.
Il potenziale economico è più alto: un infermiere autonomo può arrivare a 50.000 euro l’anno, un medico libero professionista molto di più, specie in ambiti specialistici o ad alta domanda come anestesia o medicina estetica.

Rischi e responsabilità

La libertà ha un prezzo: il professionista non ha ferie o malattie retribuite, deve emettere fatture, gestire i pagamenti, curare il marketing e sostenere i costi per aggiornamento ECM, RC professionale (obbligatoria per legge) e previdenza.
La solidità economica dipende dal numero di clienti, dalla puntualità nei pagamenti e dalla capacità di gestire le proprie finanze.

Tassazione e regimi fiscali

Aprire una partita IVA è semplice: si fa online tramite l’Agenzia delle Entrate, scegliendo il regime fiscale più adatto.
Le due opzioni principali sono:

  • Regime forfettario: valido fino a 85.000 € di ricavi annui, prevede una tassazione agevolata del 5% per i primi 5 anni e del 15% successivamente. Il reddito imponibile si calcola applicando un coefficiente di redditività del 78% (quindi non serve dettagliare le spese).

  • Regime ordinario: prevede l’IVA e l’IRPEF progressiva (dal 23% al 43%), ma consente di dedurre e detrarre tutte le spese professionali – affitto studio, attrezzature, assicurazione, contributi, corsi, ecc.

In ogni caso, il professionista deve anche aprire una posizione previdenziale presso la propria cassa di categoria:

  • ENPAM per medici e odontoiatri;

  • ENPAPI per infermieri;

  • altre casse sanitarie o Gestione Separata INPS per chi non ha un ente dedicato.

Compatibilità con il lavoro dipendente

Molti professionisti scelgono di combinare le due formule, soprattutto per integrare reddito e ampliare competenze.
Un dipendente part-time può quasi sempre esercitare anche la libera professione, salvo clausole contrattuali.
Chi lavora full-time, invece, deve rispettare limiti più stringenti: può svolgere attività privata solo fuori orario di servizio e, per i medici, nei limiti previsti dall’intramoenia o extramoenia.

  • Intramoenia: attività libero-professionale all’interno della struttura pubblica, autorizzata e soggetta a trattenute.

  • Extramoenia: attività privata al di fuori della struttura, consentita solo a medici con rapporto non esclusivo, previa autorizzazione dell’amministrazione.
    La Corte Costituzionale nel 2024 ha ribadito che i medici con rapporto esclusivo non possono esercitare extramoenia.

Guadagni a confronto

Il reddito cambia molto in base al ruolo, alla specializzazione e al contesto:

  • Medico ospedaliero: 60.000–85.000 € lordi annui.

  • Primario o dirigente senior: fino a 110.000–120.000 €.

  • Medico di famiglia: 52.000–105.000 €, a seconda degli assistiti.

  • Infermiere dipendente: ~1.700 € netti/mese.

  • Infermiere autonomo: fino a 50.000 € l’anno.

  • Fisioterapista: 30.000–70.000 €, con punte più alte nello sport e nella riabilitazione specialistica.

  • OSS: 22.000–30.000 € come dipendente; compensi variabili in collaborazione.

Nel pubblico il reddito è più stabile ma cresce lentamente; nella libera professione è più volatile, ma può essere molto più alto per chi riesce a costruire una clientela solida.

Due modelli, una stessa vocazione

Scegliere tra lavoro dipendente e libera professione non è solo una questione di numeri, ma di attitudine.
Il primo offre sicurezza e struttura, il secondo autonomia e possibilità di crescita personale.
Sempre più professionisti adottano soluzioni ibride: un contratto part-time in ospedale e attività privata in studio, oppure collaborazioni occasionali accanto a un impiego stabile.

In ogni caso, la chiave è la stessa: competenza e aggiornamento continuo.
Perché, in sanità, il valore del lavoro non si misura solo in euro, ma nella fiducia che i pazienti ripongono in chi li cura.

Approfondimento tecnico

Confronto sintetico tra le principali modalità di lavoro

Aspetto

Dipendente pubblico

Dipendente privato

Libero professionista (P.IVA)

Stabilità

Alta (CCNL, concorsi)

Media (dipende dalla struttura)

Variabile (autonomia totale)

Reddito

Fisso + indennità

Negoziabile

Potenzialmente più alto

Flessibilità

Limitata

Media

Totale

Tutele

Complete

Variabili

Minime (assicurative)

Previdenza

INPS/ENPAM

INPS/ENPAM

ENPAM, ENPAPI, Gestione Separata

Formazione

Finanziata dall’ente

Parzialmente coperta

A carico proprio

Libera professione

Intramoenia/extra regolata

Più libera

Totale

Rischio economico

Basso

Medio

Alto

Burocrazia

Istituzionale

Moderata

Fiscale e contabile

Checklist per chi valuta la partita IVA

  1. Verifica i requisiti (abilitazione, iscrizione all’Albo, codice ATECO corretto).

  2. Scegli il regime fiscale più adatto (forfettario o ordinario).

  3. Apri la posizione presso la tua cassa previdenziale (ENPAM, ENPAPI o Gestione Separata).

  4. Stipula una RC professionale obbligatoria e adeguata al rischio.

  5. Pianifica un budget con costi fissi e tasse stimate.

  6. Mantieni un piano di formazione ECM regolare.

  7. Se combini lavoro dipendente e P.IVA, verifica compatibilità contrattuale e clausole sul conflitto d’interesse.

  8. Consulta un commercialista specializzato in sanità: è un investimento, non una spesa.

Conclusione

Che tu scelga la sicurezza del pubblico o la libertà della partita IVA, la sanità italiana ha bisogno di professionisti competenti e consapevoli.
In un sistema in continua evoluzione, la vera differenza non la fa la forma contrattuale, ma la qualità del servizio.
Il camice cambia poco, ciò che conta è come lo si indossa: con competenza, empatia e responsabilità.

FAQ – Domande frequenti

Posso lavorare in ospedale con partita IVA?
Sì: molte strutture pubbliche e private conferiscono incarichi a liberi professionisti (medici, infermieri, OSS, fisioterapisti), specie per coprire carenze e turni.

Il regime forfettario è compatibile con incarichi nel pubblico (ASL)?
In linea generale , se rispetti i requisiti di legge e non ricadi nelle cause ostative (es. elevati redditi da lavoro dipendente o continuità con lo stesso ex datore). Valuta sempre con il commercialista.

Che cassa previdenziale devo versare?

  • Medici/odontoiatriENPAM (Quota A + Quota B per la LP).

  • InfermieriENPAPI.

  • Altre professioni sanitarie → cassa di categoria se esistente, altrimenti Gestione Separata INPS (verifica per il tuo profilo).

Intramoenia o extramoenia: che differenza c’è?

  • Intramoenia: LP dentro l’ospedale/struttura pubblica, fuori orario istituzionale, con trattenute

  • Extramoenia: LP fuori dall’ospedale, autorizzata e compatibile con l’incarico (per non esclusivi).

Dipendente o partita IVA: cosa conviene?
Dipende da obiettivi (stabilità vs. flessibilità), specialità, territorio, propensione al rischio e posizionamento. In molti casi funziona una soluzione ibrida (part-time + libera professione).



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